Riempie le piazze un movimento nuovo che non accetta di veder precipitare la politica ai livelli più bassi e non sopporta quel pensiero comune che pervade un popolo. Un movimento che scende ovunque numeroso in piazza e, in modo inaspettato, pone un grosso problema a quelle forze politiche non più titolate a rappresentare nessuno.
Fin qui tutto bene. E un popolo alla frutta che da tempo ha smesso di credere ai suoi rappresentanti, che ha smesso di votare e che se lo fa riesce ad esprimere solo rancoroso odio verso le istituzioni, dovrebbe trovare in queste sensibilità dissonanti un po’ di fiducia nel futuro.
Sembra però che manchino gli elementi di base nella valutazione. Assistere imbarazzati alle salottiere disquisizioni sul fenomeno è davvero deprimente.
“Commentatori” che chiedono quale sia il programma delle sardine, quando intendano formare un loro partito e perché siano in piazza se non hanno intenzione di farlo, sono davvero raccapriccianti.
La piazza è sempre stata il luogo deputato ad esprimere un malessere, un dissenso, un desiderio di cambiamento e non è mai stata la sala parto di un partito politico. Le forze politiche sono organizzazioni strutturate che di questi fenomeni dovrebbero essere osservatori e rappresentanti. Sembra che per molti la piazza abbia perso il suo significato originario.
Le manifestazioni dei lavoratori o degli studenti in tutto il mondo, oggi come cinquant’anni fa’, non sono finalizzate alla creazione di un partito ma alla messa in discussione dell’operato dei suoi rappresentanti e della politica.
In uno sproloquio degenerativo sembra essersi perso questo valore, che nell’uso mediatico e propagandistico della piazza, tenta di ridurla ad una passerella elettorale.
E giù con le comparazioni con il “Popolo Viola”, i “Girotondi” e i “Vaffaday” dei Cinque Stelle. Dimenticando che, anche in quei casi, obiettivo delle proteste non era la creazione di un nuovo soggetto politico ma l’espressione del dissenso nei confronti di rappresentanti assenti. Dimenticando che solo i 5S hanno tentato un’operazione diversa con i deprimenti risultati oggi a tutti visibili.
Ascoltare utili idioti come Sallusti, Porro e Belpietro porre domande insensate da’ la misura del baratro rappresentativo in cui siamo caduti. Osservare questa destra becera denigrare un fenomeno contrapponendo ai contenuti delle considerazioni che attengono più alla comunicazione commerciale e alla pubblicità che alla politica, in un mercato dove moneta di scambio è un consenso rabbioso e senza coscienza, profonde e diffonde uno sconcerto senza pari.
Giustificare le logiche di questi giornalai alimenta la deriva populista della finta democrazia dal basso che tanto utile è stata a rendere gli elettori sempre più insignificanti e incoscienti, riducendoli a valore puramente numerico e sollevando le forze politiche dall’imbarazzo della rappresentanza.