I giorni di Vetro di Nicoletta Verna

Einaudi 2024

pp. 448 € 20,00

ISBN 9788806261368

eBook € 9,99

ISBN 9788858444962

Redenta è una figura apparentemente debole, il cui sguardo originale riesce a cogliere dettagli che sfuggono agli altri. Nonostante la sua vulnerabilità causata dalla poliomielite, affronta con coraggio la ferocia del suo tempo. È un personaggio letterario affascinante, destinato a rimanere nel cuore dei lettori molto dopo la fine del libro.

Nata a Castrocaro il giorno dell’assassinio di Matteotti, Redenta è vista dagli abitanti del paese come portatrice di sfortuna, con voci che predicono la sua morte prima della festa di San Rocco. Eppure, mentre Matteotti viene ritrovato morto, Redenta è ancora viva per la festa. Questo evento segna l’inizio del fascismo e l’inizio della storia di Redenta, della sua famiglia e della sua comunità. È un’epoca di violenza estrema – il Ventennio, la guerra, la dominazione maschile – ma anche di indomita fiducia nell’umanità.

Nonostante la scomparsa dell’amico Bruno che le aveva promesso di sposarla che aderisce invece alla lotta partigiana, Redenta continua ad aspettarlo. Quando il gerarca Vetro la sceglie come sposa, nonostante il sadismo e le sofferenze che le infligge, Redenta mantiene vivo il suo istinto di salvezza, mettendo gli altri prima di sé stessa.

La vita di Redenta si muove parallela a quella di Iris, personaggio profondamente diverso che sposa la lotta partigiana, per incrociarsi ed unirsi via via. Un romanzo che, con sensibilità tutta femminile, racconta la resilienza delle protagoniste di fronte allo squallore della guerra e alla barbarie dell’umanità che l’ha vissuta.

“I giorni di Vetro” è un romanzo amaro che cattura con la narrazione lo spirito del nostro Paese, intrecciando la Storia del secolo scorso con le vicende di una intera comunità e, soprattutto, con la storia delle due protagoniste, entrambe tradite e oppresse dalla propria epoca, entrambe resistenti nonostante tutto. Redenta, considerata l’idiota, la storpia, nonostante la violenza subita dal fascismo, dal sessismo e dalla famiglia, senza perdere la fiducia in una umanità spesso disarmante, comprende ciò che a molti sfugge. Quando riconosce quella violenza sul corpo di un’altra donna, improvvisamente si ribella. Così Redenta, sempre remissiva verso la sua sorte, trova il coraggio di salvare Iris quando la vede offesa dalle violenze di Vetro da lei stessa subite.

La nota dell’autrice in calce al romanzo

In questo romanzo non c’è niente di vero, eppure non c’è niente di falso.

Non c’è niente di vero, perché la storia è del tutto inventata, eppure non c’è niente di falso perché quasi ogni vicenda parte da racconti e personaggi di cui in qualche modo ho letto o avuto notizia.

La riunione dei gerarchi al Grand Hotel Terme di Castrocaro del 25 settembre 1943, dove fu istituita la Repubblica di Salò, fu fatta realmente oggetto di un attacco partigiano, che però non andò in porto. Se i partigiani fossero arrivati in tempo, forse la guerra di Liberazione avrebbe avuto un corso diverso.

La banda Diaz, le cui vicende sono completamente frutto di invenzione, si ispira alle brigate partigiane della Resistenza romagnola. In particolare, la battaglia del monte Colombo è ispirata a una simile vicenda che ebbe luogo nell’estate del 1944 sul monte Lavane.

La strage di via Ripa è realmente avvenuta a Forlí il 24 marzo del 1944, quando il tribunale militare condannò a morte cinque giovani dichiarati renitenti alla leva. Il fatto che l’eccidio sia stato compiuto come rappresaglia a un’azione partigiana, invece, è frutto di invenzione.

Il battaglione M IX settembre arrivò a Castrocaro nel luglio del 1944. A comandarlo non c’era Vetro, che è un personaggio di finzione, ma ugualmente il battaglione compí azioni efferate fra i civili e i partigiani.

Aurelio Verità è un personaggio di fantasia. Il cognome Verità, tuttavia, è stato scelto come omaggio a due martiri castrocaresi della guerra di Liberazione, i fratelli Rolando e Verardo Verità, uccisi dal battaglione M nell’agosto del 1944. E come omaggio a tutti i martiri di tutte le guerre.

L’eccidio di Tavolicci è la piú grande strage commessa in Romagna dalle truppe nazifasciste: sessantaquattro morti, di cui diciannove bambini. Le motivazioni e i responsabili sono stati a lungo sconosciuti. Documenti recenti hanno individuato la responsabilità materiale nel IV battaglione di Freiwilligen-Polizei-Bataillon Italia (le SS italiane), ma la strage resta di fatto impunita.

La violenza che ho raccontato in queste pagine è avvenuta spesso in forma diversa, ma è del tutto vera.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *