di Silvano Belligni
1. Nelle ultime settimane ha acquistato credito – suscitando perplessità e timori anche in una parte dei suoi stessi sostenitori della prima ora – l’idea che il “montismo” non sia una mera parentesi nella continuità repubblicana, ma una tendenza di lungo periodo che non solo sta condizionando duramente il nostro presente, ma che ha già ipotecato il nostro futuro, precostituendo vincoli e impossibilità di scelta che, a giudizio di molti, esorbitano dalla normale dinamica democratica. È una diagnosi che condividiamo. Al posto del regime populistico dei re fannulloni si è instaurata al vertice della politica italiana una coalizione di élite potente e articolata, verosimilmente destinata a permanere al di là del mandato dell’esecutivo in carica e a pesare come un macigno sull’evoluzione della economia e della società nazionale.Di questa coalizione dominante fanno parte istituzioni tecnocratiche e finanziarie trasnazionali, autorità politiche ed economiche e personalità interne ed esterne all’esecutivo, grand commis dello Stato e notabili dell’economia, oltre ad una parte autorevole della sfera del pubblico: un amalgama esteso e penetrante di istituzioni, organizzazioni e uomini potenti che nessuna forza politica tradizionale sembra oggi in grado di sfidare credibilmente. Il suo cerchio interno include un triangolo di poteri ai cui vertici vi sono l’esecutivo in carica, la Presidenza della Repubblica e le autorità monetarie della BCE. Intorno a questo nucleo si dispone una fitta rete di giocatori ausiliari Chiesa e Confindustria in primis, ormai congedatesi dal berlusconismo che, pur non facendo ancora? parte organica dell’alleanza, sono interessati alle guarantige e alle esenzioni, ai taciti privilegi, alle piccole opportunità e agli incentivi che vengono distribuiti selettivamente. La composizione dell’esecutivo riflette questo doppio livello, elitistico al vertice e pluralistico alla base, includendo, oltre al gruppo interno dei decision-makers effettivi, figure di secondo piano destinate a garantire interessi e orientamenti presenti nella società e nello Stato ma strategicamente secondari. Quando parliamo di “governo Monti” è a questo dispositivo stratificato ed eterogeneo che facciamo riferimento.La missione che il governo Monti si è assegnata – presentata come l’unico gioco possibile in città e ribadita ossessivamente in ogni occasione pubblica – e per la quale ha ricevuto un’ampia delega trasnazionale, è la salvezza del Paese dal “financial big storm” che rischia di travolgerlo «Salva Italia» si intitola significativamente il primo decreto varato dall’esecutivo. Lo scopo è anzitutto di «mettere in sicurezza i conti pubblici» rassicurando gli investitori e i partner europei: l’intendenza “sviluppo” seguirà in un secondo momento, se la mano invisibile deciderà di non frapporre il suo dito medio.
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