Con la consueta genialità ed ironia Michela Murgia riesce in poche pagine a dipingere un quadro fedele ed amaro della “coscienza” italiota e dello sdoganamento degli scantinati più bui dei nostri connazionali.
Un puzzle che attraverso l’uso dei media e dei social sta costruendo un nuovo medio evo. Interpretando il difficile ruolo del “cittadino” medio fa emergere il vuoto ideale, valoriale e partecipativo di questo paese che, pronto a garantirsi la sua sola sopravvivenza, riscopre e giustifica senza remore i fantasmi di un passato tutt’altro che superato.
Ed i suoi spunti di riflessione sono corroborati proprio dalle critiche con le quali i fautori di questo “governo del cambiamento” tentano di minimizzare e banalizzare un inquietante processo culturale e sociale.
“Sentivo il bisogno di sistematizzare quei contenuti in un testo, ma quando ho provato a stenderlo qualcosa ha preso il sopravvento. Ho capito che scrivere un libro contro il fascismo avrebbe avvalorato ulteriormente la brutta abitudine di sentirci al sicuro, noi i puri, gli antifascisti e le antifasciste, i sinceri democratici intoccati dal cancro della peggiore ideologia del ’900. Non avrebbe spiegato perché persone che si sono sempre ritenute di sinistra stanno giustificando politiche apertamente xenofobe e razziste, né lo sconcertante consenso verso metodi che ricalcano esattamente quello che in teoria la democrazia dovrebbe combattere. Perché il fascismo non è il contrario del comunismo: è il contrario della democrazia, per questo nella democrazia italiana praticare fascismo è un reato.
Quindi ho scritto un libro non contro il fascismo, ma a suo favore. Ho cercato di mettermi nei panni di chi si sente nel giusto a costruire nemici sociali, di chi pensa che banalizzare la comunicazione sia un modo per raggiungere tutti, che la violenza sia uno strumento politiche affidarsi ciecamente a un capo sia meglio che essere coinvolti nelle decisioni e che la democrazia rappresentativa sia un sistema troppo costoso per potercela permettere ancora. Ne è venuto fuori un libro breve, ma cattivissimo e – nel suo essere grottesco – doloroso, perché mostra quanto il fascismo sia assai più trasversale di quanto si creda (o si speri)”
(cit. Michela Murgia)