Sull’Unità del 20 gennaio di dieci anni fa’, annunciando la morte di Craxi, Michele Serra scriveva: “Il paradossale destino del socialista Bettino Craxi sarà diventare un martire della destra. Che lo saluterà come un martire delle odiate toghe rosse”.
Tutte le chiacchiere polemiche di questi giorni, trovano risposta in quelle parole. Tanto che oggi il “sommo” Schifani pronuncia nei confronti dell'”eroe” un’ovazione in grande stile.
Non sono mai stato un estimatore del “compianto” ma credo che le polemiche di questi giorni, a favore o contrarie, siano davvero sterili.
Storicamente il pentapartito, come si usava definirlo, ha rappresentato un passaggio della nostra politica comunque significativo. Dopo mezzo secolo di egemonia democristiana, un partito di matrice socialista, esprimeva un suo peso in una coalizione e di questo bisogna darne atto. Peso che si è espresso in quei tempi ad esempio in politica estera, con scelte nazionali ed autonome che hanno contraddistinto il periodo senza analogie con il passato ne con il futuro. Per il resto non mi sembra che Craxi sia stato qualcosa di diverso dal passato se non l’esatta espressione della continuità. Credo sia stato giusto perseguire Craxi per le sue nefandezze e credo che non ci sia nulla da commemorare o rimuovere.
Dovremmo solo ricordare che Craxi, a differenza degli altri compari del periodo, è stato imputato, processato e condannato per illeciti legati al finanziamento del suo partito e suo personale. Cosa davvero molto insolita di questi tempi…
E dovremmo anche ammettere che Craxi è stato anche il capro espiatorio di un sistema che aveva (e che continua ad avere) la sua massima espressione anche in molti altri personaggi che l’hanno fatta franca. Molti di questi loschi figuri, recuperata impunemente la loro apparente verginità, sono ancora tranquillamente seduti sugli scragni del nostro Parlamento. Ed operano con la stessa logica mafiosa propria della “famigerata” Prima Repubblica.
Ma con le continue chiacchiere sull’argomento, si corre il rischio di attribuire alla vicenda Craxi un valore sublimante che non ha e che ci impedisce di vedere il carcame di cui siamo tuttora circondati…
Il problema che si pone non è tanto quello di celebrare la vicenda e beatificare il personaggio (entrambi non hanno connotati che ne permettano celebrazioni) ma il rischio che, in questo paese di mafiosi e corrotti, dove il pensiero dominante induce a fregare il prossimo e a scavalcare le leggi, qualunque ipotesi di perdono altro non rappresenta che l’avallo di un costume già troppo consolidato in questo “nuovo corso repubblicano”, ed ha l’unico effetto di sopire ed offuscare ulteriormente la coscienza già rattrappita di un popolo privato della sua dignità dalla propria imbecillità e dalla tracotanza di un manipolo di ignobili governanti.