Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek mi è piaciuto moltissimo. L’ho visto con imperdonabile ritardo ma ne consiglio a tutti la visione.
Il racconto delle vicende di una famiglia borghese del Salento in un film di una tolleranza ed una delicatezza uniche, in questa italietta ben poco incline alle diversità e all’originalità dei comportamenti e del pensiero.
Scritto dal regista italo-turco per essere ambientato semplicemente lontano da Roma, sembra aver trovato in una magica Lecce la sua ambientazione d’elezione, nei colori e nella luce che bene questi luoghi sanno partecipare. Un film che riesce a devastare, seppure in modo del tutto incruento, apparenze, forme e sostanze del più becero luogo comune.
E ciò che impreziosisce il film e lo rende unico è la capacità del suo regista di offrire l’essenza di queste mine vaganti, attraverso quadretti minimali, quasi scatti fotografici, offerti qua e la che riescono a condensare in una immagine gli aspetti fondamentali di ciascuno dei personaggi. Quadretti che sembrano ostentatamente nascosti ed ai quali basta offrire attenzione per trovare senza sforzo la chiave di lettura dei personaggi
Un paio di citazioni fra le tante:
- Non devi avere paura di lasciare, tanto le cose importanti nella vita non ti lasceranno mai.
- La mina vagante se n’è andata. Così mi chiamavate, pensando che non vi sentissi. Ma le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti dove nessuno voleva farcele stare, a scombinare tutto, a cambiare piani.
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