In questi giorni si dibatte, non sempre in buonafede e quasi sempre con intenti demagogici e strumentali, sul tema della maternità surrogata.
Il caso di Vendola e del suo compagno fa seguito ad ampie polemiche strumentali che si sono attivate in occasione della “discussione” sulle unioni civili, altra arena dove tutti hanno avuto piacere di dare fiato alla polemica in una logica di scontro ed alleanze finalizzata non già all’approfondimento del problema quanto alla spartizione di potere e poltrone.
Premesso che la maternità surrogata non è argomento del ddl recentemente approvato, né lo era nel documento originale, ci si dimentica che alla pratica in questione, ormai da tanto tempo, hanno fatto e fanno ricorso le coppie etero, nel disinteresse generale di tutti quei crociati che oggi non vedono l’ora di schierarsi.
Fin qui tutto rientra nella logica della banalità del quotidiano e le “posizioni” in argomento di una destra becera si dimostrano come sempre prevedibili e scontate.
Ciò che invece trovo sorprendente ed in parte nuovo è il fatto che il popolo dei tolleranti e progressisti non veda l’ora di schierarsi in una polemica che non può prescindere da approfondimenti e non consente certezze assolute.
Sembra riaffiorare, dopo decenni di liberismo, quel liberalismo, poco amato da Marx, che ha accompagnato la borghesia nel passaggio storico da feudalesimo a capitalismo.
Si sta insinuando, proprio in quella parte di platea che dovrebbe essere la più attendibile ed apprezzabile, una strana idea di libertà. Nella gara a veder superate le ideologie, in realtà mai superate in quanto sistemi coerenti di idee, ci si dimentica di contestualizzare le analisi, favorendo una interpretazione della libertà sintetizzabile nel “facciamo un po’ come cazzo ci pare”.
Il primo ad essere attaccato sui social, per una condivisibile lettura etica e politica del problema, è stato Giorgio Cremaschi. Per i nuovi outsider del “pensiero” infatti, non è lecito sposare l’idea che una gestazione surrogata possa colpire le fasce deboli e quelle donne che per bisogno economico e per cultura sono più facilmente sfruttate ed utilizzabili da coloro che hanno adeguate risorse per permettersi tale pratica. E quindi via all’annullamento di una lettura sociale del fenomeno: ancora con queste storie di poveri e ricchi? Se si può fare si fa.
La stessa platea di illuminati innovatori ha preso a riferimento la giurisprudenza americana per dimostrare la validità di questa pratica. Sarebbe magari stato opportuno ricordare che in termini di welfare e sanità, la “grande democrazia americana”, non ha da insegnare niente a nessuno. E sarebbe forse opportuno rammentare che in quel fantastico paese chi non ha soldi non ha diritto a cure mediche se non quelle basilari. Il fatto che una pratica sia normata non ne legittima necessariamente la giustezza etica, ma piuttosto il business riveniente. Ma in questo caso, quel paese che è ed è stato tra i maggiori protagonisti della costruzione di un sistema mondiale allucinante, diventa un prestigioso referente. Interessante l’articolo apparso su il Manifesto di qualche giorno fa che offre molti spunti di riflessione, sempre che di riflettere si abbia voglia. Molte pratiche improprie sono legate al corpo, dalla vendita degli organi a quella del seme, a quella del sangue, e nessuna di queste, trattandosi di vendita e non donazione, mi sembra apprezzabile. Lungi da me qualunque visione morale o bigotta, agnostico da sempre non ritengo di appartenere a questa schiera, ma la vista di una pagina come questa produce – a mio avviso – legittima perplessità.
Per quanto mi riguarda, non posso che essere contento per Vendola e per il suo compagno, ma non posso non riconoscere l’inopportunità pubblica e politica dell’episodio. Le reazioni diffuse lasciano presagire indubbie difficoltà nel percorso di costruzione di quei diritti che dovrebbero giustamente portare le coppie gay ad una totale equiparazione con le coppie etero.
Una rilettura in questo senso delle politiche di adozione viene mediaticamente resa più difficile, creando precedenti e pretesti inevitabili. Mentre penso che quella delle adozioni sia l’unica strada percorribile. Molte coppie etero che conosco, per loro problemi, non hanno avuto figli. Ma non hanno mai pensato che la valenza del loro rapporto fosse misurabile in prole. Ove il bisogno di un figlio si sia presentato come imprescindibile, hanno provveduto ad adottarlo, gesto sicuramente più nobile e socialmente encomiabile.
Non intendo dare valutazioni sulle scelte individuali che possono trovare spesso validissime motivazioni: non credo di averne diritto e, ai fini di questa analisi, lo trovo ininfluente. Credo però che su temi così delicati, piuttosto che “apparire” alternativi ad ogni costo, scadendo in realtà nella logica di un dissenso modaiolo, sarebbe opportuno arricchire il dibattito con un uso del cervello più onesto e personale.
2016-03-02