Nel tempo di mezzo

Mi capita raramente di giudicare bellissimo un libro ma questo è uno di quei casi.

Vincenzo Chironi è il protagonista friulano che, dopo aver vissuto molti anni in un orfanotrofio, scopre,  per mezzo di un atto notarile lasciatogli dalla madre prima di morire e che attesta il suo riconoscimento da parte del padre, di essere figlio di tale Luigi Ippolito Chironi,  soldato nuorese morto nel corso dell’ultima guerra,. Solo diciassette anni dopo aver appreso la notizia, decide di intraprendere il suo viaggio di ricerca e si imbarca per la Sardegna.

Inizia così il viaggio di Vincenzo alla ricerca delle sue origini in questo “tempo di mezzo” che va appunto dalla metà degli anni quaranta alla fine degli anni settanta.

Una storia col sapore di altri tempi che ci fa rivivere in ogni pagina una umanità ormai raramente degna di questo nome. Un racconto che, almeno nella prima parte, trasuda il rispetto per la cultura, quella d’animo, intesa come percorso di saggezza e conoscenza. Il senso di famiglia, inteso non nel modo becero ed ottuso a volte mafioso cui siamo abituati ma piuttosto come accoglienza e coltivazione delle radici e della storia.

Un amore per la natura e per il territorio non finalizzato al proprio tornaconto ma carico di un rispetto diffuso. Tanto da far divenire la Sardegna coprotagonista del romanzo. A pieno titolo, stante che l’autore riesce, senza mai apparire ridondante, a partecipare perfettamente la natura dei luoghi.

Un percorso duro, a volte doloroso, spesso ingeneroso che riesce ad osservare le piccole cose come nucleo esplosivo di tutto ciò che in maniera più evidente ci circonda. Citando lo stesso Fois in questo splendido libro “Il dolore è preciso, la felicità è svagata. Perché uno è guerriero armato, l’altra è fanciulla”.

L’alone di magia e sensibilità che governa la prima parte del libro, lascia spazio nella seconda a dolori, ipocrisia, interessi personali con cui la modernità inizia la sua opera di “corruzione”. Non c’è in questo alcuna volontà di attribuire alla modernità alcun valore negativo ma, come ha detto lo stesso autore in una recente intervista, la presa di coscienza di quanto nei decenni successivi al boom economico, in questi “tempi esigui” si sia fatto nel nostro paese meno e peggio di quanto sarebbe valsa la pena fare, creando già da allora le premesse dell’attuale disfacimento.

Si avverte una capacità descrittiva che va ben oltre la rappresentazione di luoghi e personaggi ma affonda nelle loro pieghe facendo emergere emozioni ed una rara umanità.

Seconda parte di una saga familiare iniziata con “Stirpe” (che mi rammarico di non aver ancora letto), “Nel tempo di mezzo” è a mio giudizio un libro eccezionale da “divorare” con calma ed attenzione, proprio per non privarsi della sua densità.

Marcello Fois è uno scrittore prolifico, non solo in campo letterario ma anche teatrale, radiofonico e televisivo.

Ha esordito nel 1992 con il romanzo Picta, vincitore del Premio Italo Calvino, e Ferro recente. A questi sono seguiti numerosi altri libri (e altri premi), tra cui Nulla (Il Maestrale 1997, Premio Dessì), Sempre caro (Il Maestrale – Frassinelli 1998, Premio Scerbanenco-Noir in festival e Premio Zerilli-Marimò), Gap (Frassinelli 1999), Sangue dal cielo (Il Maestrale – Frassinelli 1999), Dura madre (Einaudi 2001), Piccole storie nere (Einaudi 2002), L’altro mondo (Frassinelli-Il Maestrale 2002), Materiali (Il Maestrale 2002), Tamburini (Il Maestrale 2004), Memoria del vuoto (Einaudi 2007), Sempre caro (Einaudi 2009), Stirpe (Einaudi 2009), Nel tempo di mezzo (Einaudi 2012, finalista al Premio Strega).

 

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