Quanto siamo riservati…

privacy

La privacy nella sua accezione originaria rappresenta il diritto di impedire che le informazioni che ci riguardano diventino note ad altri, ove non si sia volontariamente scelto di renderle pubbliche. Nel corso del tempo tale concetto si è sviluppato fino ad indicare principalmente il diritto al controllo dei propri dati personali.
Credo che tale diritto, in via etica, sia sacrosanto. Ma credo che ultimamente se ne stia fraintendendo ed esagerando il valore.
Forse un tempo c’era più motivo di garantire questo diritto anche a fronte di classificazioni legate alle proprie opinioni e ai propri pensieri politici, religiosi, etc. ed alle conseguenze che tali catalogazioni potevano comportare nel sociale.
Oggi le cose sono sostanzialmente cambiate.
Molti programmi (vedi Grande Fratello e cazzate assimilabili) vivono del diffusamente condiviso piacere di conoscere i risvolti “segreti” e “privati” della vita di perfetti sconosciuti. Sconosciuti che, essendo tali, difficilmente possono motivare interesse se non sotto un profilo meramente morboso.
Il potere in generale e quello dei media in particolare, come oggi radicato, non ha piĂą bisogno di ricorrere a selezioni di sorta.
Il “tramonto” delle ideologie ha fatto si che le opinioni dei singoli non siano più di interesse per il potere che riesce a vivere egregiamente senza sentirsi minato dal pensiero di chicchessia.
Vediamo scorrere nei palinsesti televisivi programmi ed opinioni spesso antitetici rispetto alle posizioni dei padroni dei network. Ma questo non produce agli stessi alcuno scompenso: l’importante è conseguire audience.
Quello che si è realizzato è sostanzialmente ciò che un tempo si definiva come “liberalismo borghese”, una pseudo libertà in cui ciascuno può dire ciò che vuole senza che questo abbia alcun effetto reale sul mondo circostante.
Ne consegue che, per qualunque essere intellettualmente onesto, la privacy che dovrebbe destare preoccupazione, non è tanto quella riferita a ciò che dalla nostra vita privata fuoriesce ma a quello che nella stessa viene introdotto.
Assistiamo quotidianamente, ad esempio nel mondo del lavoro, a tecniche di coercizione e condizionamento psicologico, fino a qualche tempo fa’ proprie delle società multinazionali di Multilevel Marketing e Network Marketing. Tecniche tese all’autoconvincimento passivo degli individui secondo uno schema riassumibile in questa citazione: “Presi singolarmente, una formica o un neurone non sono particolarmente intelligenti. Tuttavia se un numero abbastanza elevato di elementi così semplici interagisce e si auto-organizza, può attivarsi un comportamento collettivo unitario, complesso e intelligente. Se questo comportamento ha anche un valore adattativo, ci troviamo di fronte ad un fenomeno emergente: una colonia di formiche o il nostro cervello!”.
La nostra vita è disseminata da modelli imprescindibili che condizionano la nostra vita sin dalla più tenera età “guidandoci”, nei giochi, negli studi, nel lavoro e negli obiettivi.
Stante quanto sopra, anche in ragione delle attuali polemiche di questi giorni, mi chiedo a chi giova questa attenzione alla privacy? A chi ha da nascondere illeciti e non si sente garantito dalle intercettazioni telefoniche? A chi d’abitudine froda il fisco e preferisce non essere “osservato”? E soprattutto perché questa moda ideologica si è diffusa a macchia d’olio anche tra coloro che a rigor di logica non avrebbero nulla da nascondere? Forse a suffragio di coloro che realmente ne godono.

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