Un libro bellissimo. Ben più che un romanzo visto che attraversa settanta anni di storia, italiana e non solo. Il contesto è quello dell’Italia coloniale e post-coloniale con esplicito riferimento alla Somalia. Narra le vicende di Timira Marincola, della sua famiglia e di suo fratello Giorgio Marincola, unica medaglia d’oro partigiana “meticcia”, ucciso dai nazisti a Stramentizzo, in Val di Fiemme.
Il libro nasce dall’incontro di Wu Ming 2 e Antar Mohamed in una clinica psichiatrica, dove il primo fa visita ad un paziente ed il secondo presta allo stesso la sua opera professionale. La conoscenza fra i due fa si che Antar consegni a Wu Ming degli appunti su suo zio Giorgio Marincola. Dopo qualche tempo, in occasione della pubblicazione del libro “Razza partigiana”, la conoscenza si allarga ad Isabella (Timira Marincola), madre di Antar ed inizia così un lavoro di ricostruzione di ricordi e documenti che, dopo molto tempo, ci consentirà di leggere queste pagine.
La storia inizia col trasferimento in Italia di Isabella che, nata da una relazione extraconiugale del padre con una donna somala, viene dallo stesso riconosciuta ed inserita, con ovvie difficoltà, nel suo nucleo familiare.
Iniziano qui le vicissitudini di Timira tra Italia e Somalia, tra famiglia naturale e famiglia anagrafica, tra diffidenza e arroganza propria non solo di un periodo storico ma di un colonialismo quasi genetico, non solo italiano ma occidentale, nei confronti di popoli sottomessi e dei “diversi” in genere.
Una vita, quella di Timira, originale e controcorrente nonostante le comprensibili difficoltà. Nella giovinezza modella per pittori, frequentatrice del Caffè Greco e degli intellettuali del periodo, attrice in “Riso amaro” di Giuseppe De Santis e attrice di teatro. Più avanti negli anni e con due matrimoni non sciolti alle spalle, torna in Somalia, ritrova Ashkiro Hassan, la madre naturale, si sposa di nuovo e da alla luce Antar Mohamed che, esule anche lui e con due cittadinanze, studierà a Bologna e conseguirà quattro lauree.
Un viaggio storico ed umano che ci porta a riflettere sui danni del fascismo e a riconsiderare l’idea di patria, laddove, tra visti certificati e documenti, ci si ritrova orfani di uno Stato senza figli.
Un libro a me particolarmente caro per la casuale citazione di luoghi che mi sono più o meno appartenuti: il quartiere di Casal Bertone, quello di San Lorenzo, il Liceo Pilo Albertelli che anch’io ho frequentato, un tempo chiamato Umberto I, la Val di Fiemme di cui mio padre era originario, il paese di Stramentizzo dove muore Giorgio Marincola e che nel 1956 è stato sommerso dal lago artificiale omonimo…
Per chi non lo sapesse, Wu Ming è un prolifico collettivo di autori socialmente impegnati. Oltre a rappresentare un polo significativo della narrativa contemporanea, il collettivo offre, dopo il ragionevole periodo di un anno dalla pubblicazione cartacea, la diffusione online e gratuita dei suoi testi in formato digitale. Una iniziativa importante ed encomiabile, per la quale non ricevono alcun contributo se non quello volontario dei frequentatori del blog.
Per quanto ridondante, mi sembra opportuno invitare chi avesse occasione di capitare sul blog di Giap, di scaricare la produzione del collettivo e di ricordare quanto sopra
2014-05-03