Il peggior nemico della rinascita della sinistra è la sinistra stessa.
Una sinistra stagnante e presuntuosa, avvolta su se stessa che non tiene conto di ciò che la circonda. Tesa al conseguimento di un risultato elettorale senza crearne le condizioni. Che è spaventata dalla presenza di Nichi Vendola alle primarie ma che non esclude l’ipotesi Profumo…
Continuiamo a non renderci conto che da quindici anni siamo tutti parte di una rivoluzione culturale che il berlusconismo, attraverso un cesello mediatico, ha radicata nel territorio e nella nazione, sopendo le coscienze e legittimando i riferimenti ed i valori più ignobili degli italiani.
Nella strenua ricerca di una impossibile alternanza, la sinistra ha confuso nei compromessi elettorali la sua identità, perdendo anche il suo storico ruolo di referente culturale ed ideale. Il quadro che da tutto questo scaturisce è per me a dir poco agghiacciante: intolleranza verso ogni diversità, qualunquismo dilagante e, non meno imperante, l’imbarbarimento, che legittima l’affossamento di ogni valore istituzionale ed etico, finalizzato alla riuscita di qualunque basso sogno individuale.
A questo si aggiunga quella che viene definita crisi ma che altro non è che il frutto del capitalismo globalizzato. La totale apertura dei mercati ha prodotto effetti nefasti nel mondo del lavoro. Non ci si può stupire delle frequenti delocalizzazioni delle imprese. Quando Marchionne le ipotizza fa il suo lavoro e l’unica alternativa proponibile da parte padronale non può essere che una logica di tagli salariali, di perdita di diritti acquisiti, di mobilità e fungibilità, di apertura di trattative contrattuali senza futuro.
Questa spietatezza dei mercati può essere combattuta su due soli fronti. Da una parte i governi, in ambito internazionale, dovrebbero rielaborare e disciplinare la questione, fissando dei paletti, impedendo il totale ricorso all’utilizzo della mano d’opera e della conseguente delocalizzazione nei paesi poveri e privi di diritti, favorendo le imprese meno disponibili a questa facile logica. Dall’altra, in ambito nazionale, promuovere attività alternative legate alla ricerca ed alla formazione, creando una distribuzione più armonica del lavoro. Ma sappiamo bene che tutto questo non sta avvenendo.
Pensare di modificare questo stato di cose nel nostro paese attraverso una competizione elettorale, sfruttando magari un aleatorio voto di protesta generato dallo sdegno per la dilagante corruzione, è secondo me sintomatico di totale cecità. Bisogna rendersi conto che questo è un paese da ricostruire, da rifondare.
In questo quadro guardo a Vendola con interesse ma non per il fatto che possa divenire o meno il Leader della sinistra, o non solo. Ciò che ritengo più importante è la capacità di mettersi in discussione. La sua valenza è proprio nel tentativo di riappropriazione del territorio e nel promuovere una politica vicina alla gente. Ne sono un esempio, sia metaforico che reale, le “fabbriche”. Ne è un esempio la sua capacità di coinvolgere i giovani nei circoli di SEL. Ne è un esempio la capacità di aderire alle iniziative di movimenti più o meno spontanei senza la pretesa di cavalcarne l’egemonia. Ne è un esempio la diffusione delle sue proposte e dei suoi risultati attraverso il web.
Vendola, intervistato a Faccia a faccia su Radio3, dice:
“Berlusconi è un individuo geniale. È una persona che ha veramente dei tratti strabilianti, un self made man che riesce a costruire un’intera epopea della vita culturale nazionale. È un prototipo di uomo nuovo che si è saputo imporre sulla scena italiana. Noi abbiamo fatto un errore tragico: demonizzare il personaggio e intenderne poco il meccanismo culturale di riproduzione del consenso”.
Ed aggiunge:
“Berlusconi ha vinto, prima che nelle urne nei sogni e negli incubi degli italiani. Ha plasmato la dimensione onirica. La gente ha cominciato a non avere più sogni collettivi ma ha avuto sogni individuali. Quello, per esempio, della figlia velina. La gente non ha avuto più incubi collettivi come la guerra e la crisi ambientale ma ha avuto incubi individuali come lo zingaro sul pianerottolo. E questa dimensione onirica è il segreto dell’egemonia, del successo berlusconiano”.
Queste sue dichiarazioni, che condivido pienamente, hanno prodotto immediati e bigotti commenti proprio da sinistra. Sempre quella sinistra incapace di mettersi in discussione. Credo invece che la sua analisi debba proprio essere il punto di ripartenza.
Come giustamente sottolinea Bertinotti: “Nichi interpreta un’idea nuova della politica, oltre il Novecento. Credo che sia davvero una promessa per il paese”.
E’ questa la politica di cui abbiamo bisogno. Se non si ricrea la sinistra ed il consenso della gente, il cambiamento non arriverà mai.