Se Berlusconi ride e Pierluigi piange

di Concita De Gregorio

SONO le sei e dieci di sabato pomeriggio quando Berlusconi e Bersani rientrano in aula per essere lì nel momento in cui Laura Boldrini leggerà per la cinquecentoquattresima volta il nome di Napolitano, confine numerico della rielezione.

BERLUSCONI ride, giù in basso a destra. Bersani piange, in alto a sinistra. Applaudono, entrambi felici di essere stati riportati in vita dalla concessione del vecchio Presidente: va bene, se non trovate altro, se proprio non c’è altro modo allora accetto. Alle mie condizioni: per un tempo limitato e con un consenso ampio. Berlusconi esulta circondato dalle sue ragazze elette in Parlamento, perché se fossero passati Prodi o Rodotà sarebbe stato fuori dai giochi, dal governo prossimo venturo, da tutto. Così invece si farà un governo all’antica maniera, che sia del presidente o politico non importa: quello che importa è che Berlusconi sarà lì, protagonista di nuovo, resuscitato ancora. Sarà molto pesante, per giunta, nel nuovo governo perché senza l’appoggio di Sel la delegazione Pdl-Lega avrà anche alla Camera la maggioranza, rispetto al Pd. Amato premier Alfano vice, si dice. O forse Letta-Letta, zio e nipote, coi “saggi” dentro. Il Pdl conterà e deciderà parecchio. Bersani piange di commozione attorniato

dai suoi Speranza e Gotor, da Stumpo e da tutto il gruppo dirigente di un partito dissolto in un rivolo di correnti assetate l’una del sangue dell’altra, morto nel minuto esatto di venerdì 19 in cui il fondatore Romano Prodi è stato affondato, dopo essere stato acclamato, da 101 voti occulti in dissenso.

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