Un amico su Facebook definiva ieri la situazione venutasi a creare, con lo sfaldamento del PD, surreale.
E’ difficile trovare un attributo migliore. Credo però che l’incancrenimento di una patologia che assilla da 22 anni quello che oggi si chiama PD non potesse avere un epilogo diverso. Per troppo tempo si è portato avanti un progetto fallimentare cercando di far coesistere anime ed idee inconciliabili. Ed è stato sfacciatamente evidente che proprio questa assenza di identità e la commistione di interessi diversi ed assai poco nobili abbiano fatto esplodere la situazione.
Una situazione che per molti sarà di difficile digeribilità, soprattutto per l’evidente assenza di alternativa. Contestualmente però lo sgomento lascia spazio ad una speranza: quella di poter finalmente raggiungere la chiarezza per tanti anni rivendicata da chi vedeva nel PD l’erede di un grande partito di sinistra.
Sono contento che non ci sia più spazio per temi come il “voto utile” o come il partito di “lotta e di governo”. Per quel che mi riguarda ritengo necessaria oggi una vera sinistra, sia pure minoritaria, ma che sappia sposare senza ambiguità i temi della solidarietà, della giustizia sociale, di una economia diversa e quant’altro. Che sappia tornare sulla strada e tra la gente colmando il vuoto incredibile che si è creato. Recuperando e ricreando quella cultura dimenticata in questi anni. Che riesca a dire a chiare lettere che sinistra e destra sono concetti diametralmente opposti e che sappia recuperarne i contenuti.
Si è spento quindi, sopraffatto da un male incurabile, un progetto nel quale non ho mai creduto. Ce ne faremo una ragione e ricchi di esperienza cercheremo di fare meglio.
E’ essenziale però chiarire un punto. La frequentazione del web e dei social network offre un panorama ben più inquietante di quello offerto dal disfacimento del PD: quello del popolo antagonista, quello che dovrebbe costituire un serbatoio di alternativa e che si rivela invece più liquido ed inconsistente del suo sconfitto avversario.
Mi riferisco al protagonista mediatico per eccellenza del momento, quello del pensiero critico urlato o subliminale: il movimento di Grillology.
Attribuire a questa accolita il merito o demerito di questo funerale mi sembra cosa intellettualmente ardita. Il ruolo di questo movimento in questa situazione è riconducibile a quello dell’amante che interviene in una crisi di una coppia la cui storia volge al termine: quello del fattore scatenante e null’altro.
Un movimento in cui si intravedono le stesse problematiche che hanno portato alla rovina questo piucentrochesinistra. La trasversalità di questo movimento che si ritiene interclassista, né di destra né di sinistra, che spara dovunque prescindendo da una sana collocazione ideale che faccia comprendere e motivi prese di posizioni coerenti e non contrapposte, che gli permetta di proporre un programma che, almeno per il momento, non ha.
E’ questo l’elemento di maggiore sconforto. Sapere che al momento, al di fuori di una protesta legittima, ma spesso assimilabile al tifo da stadio o alla marcia su Roma, non c’è nulla.
Una protesta del click e dell’urlo isterico improduttiva e senza lungimiranza che ha visto i suoi seguaci impegnarsi in una devastazione sfascista e qualunquista tanto miope da non riconoscere priorità.
Se il “movimento” avesse avuto questa capacità avrebbe colto l’opportunità di un accordo su pochi punti che avrebbe permesso di toglierci di mezzo Berlusconi per sempre. Non avrebbe arrestato il declino cui sarebbe comunque andato incontro il centrosinistra ma avrebbe evitato di condividere a pieno titolo con il piucentrochesinistra le colpe di una restaurazione che vede il secondo mandato di Napolitano, l’ipotesi di un governo Amato e la rinascita del cavaliere e della sua nomenclatura, cui abbiamo assicurato un fulgido futuro per ancora diversi anni.
Complimenti per la rivoluzione.
PS: cito da un post di un’amica: “L’opportunità è come l’alba. Se aspettate troppo, la perdete.”