Ho seguito una parte del dibattito in streaming dell’Assemblea Nazionale del PD. Sorprende non tanto la sequenza degli interventi più o meno scontati, quanto i commenti sui social dei fautori dell’unità. Non ho idea di quale possa essere l’epilogo di questa telenovela ma trovo inquietante la reazione omogenea e demagogica del popolo renziano in merito al “rischio” di scissione.
La crisi del pDC è purtroppo ormai evidente da tempo. Ridurre il tema alla fuoriuscita o meno della minoranza dem è quantomeno riduttivo.
Sarebbe opportuno tornare indietro negli anni e ricordare che l’Ulivo, che comunque non ho mai votato, era un accordo di programma tra identità diverse e mantenute. Una coabitazione di storie e valori differenti finalizzate al raggiungimento di un risultato e non la forzata convivenza di valori spesso antitetici.
Nel corso del tempo, purtroppo, questo partito è diventato altro.
Forse sarebbero da demonizzare non solo i D’Alema ma i non meno demonizzabili personaggi come Veltroni, che a mutare l’identità dell’erede di un partito di classe, hanno tanto fattivamente collaborato.
Il coacervo di sensibilità che, in modo evidentemente fallimentare, si cerca di mantenere insieme nuoce tanto agli adepti del trasversale partito della nazione quanto alla sinistra.
Le politiche liberiste attuate dal governo del “giovane” di Pontassieve nel corso di questi anni ha precarizzato mercato e massacrato tutele del lavoro, scuola e welfare. Un appiattimento totale a logiche di mercato che ha visto realizzarsi nel campo del lavoro progetti che neanche Sacconi avrebbe proposto in modo tanto sfacciato.
E nonostante questo i pretesi risultati di rilancio dell’economia non si sono realizzati: ne danno ampia dimostrazione i contrasti con la gerenza europea, il debito, la disoccupazione giovanile e la collocazione al ventiseiesimo posto nella classifica della ripresa economica dei vari paesi.
Paventare il rischio di favorire il populismo e le destre è del tutto pretestuoso. Sappiamo che il problema non è solo italiano e sappiamo che, per quanto ci riguarda, lo spostamento dell’elettorato verso astensionismo, populismo ed intolleranza, proprio in questi anni, ha trovato la sua massima espressione, grazie alla mancanza di referenti attendibili.
Dal “voto utile” al “favorire le destre” tanti sono stati i luoghi comuni utilizzati nel tentativo di consolidare un consenso che non c’è. Ma più che delle scissioni interne, ci si dovrebbe preoccupare del divario che c’è tra elettorato e politica, tra paese reale e chiacchiere demagogiche, utilizzate non solo dai populisti noti ma anche da coloro che se ne definiscono avversari.
L’accanimento terapeutico promosso nel pDC è eticamente inaccettabile ed il suo superamento necessario.
Il problema non è quindi quello legato alla sopravvivenza di un partito, o meglio di una variegata accolita di sensibilità incompatibili, ma il recupero alla partecipazione attiva di un elettorato disperso ed indirizzato verso populismo ed astensionismo.
Una vocazione non genetica ma legata all’assenza di rappresentanza, alla mancata adesione dei presunti rappresentanti a quei valori propri di quel popolo di sinistra che li aveva votati.
Un problema quindi di chiarezza, di trasparenza, cui questa lobby di potere non assolve.
La scissione quindi, comunque vadano le cose, è una realtà di cui prendere atto e non una ipotesi. E’ interesse comune di entrambe le sensibilità eliminare quei contrasti interni che rendono questo carrozzone immobile, in parte dannoso ed in parte inutile.
Questo a prescindere dai punti di vista ed alle appartenenze: tanto i fautori della DC 2.0 quanto il popolo di sinistra hanno bisogno di essere rappresentati da formazioni e programmi coerenti con le loro aspettative.
E se questo ratificherà un dato di fatto, poco male.
Il PD è irrecuperabile, e purtroppo anche gli “scissionisti” sono ben diversi da quelli che diedero anima al partito origine di cotanti indegni eredi. Certo la sinistra avrebbe un gran bisogno di ricompattarsi intorno ad ideali comuni, ma vedo anche a sinistra del PD un puzzle con molti personaggi non più credibili, e la credibilità è altrettanto importante quanto ideali ed obiettivi.
Ne sono convinto anche io ma credo che solo dalle ceneri di questo carrozzone possa rinascere una spinta identitaria per la sinistra. La rendita di cui il pDC gode deve scomparire come questa falsa idea di centro sinistra. Solo in questo modo quella parte di elettorato passivo e poco pensante, che codinamente gli attribuisce ancora credito, potrà fare i conti con la storia e la ragione.