«Io c’ero» di Pino Santarelli su Luigi Longo
di Alberto Olivetti da “il manifesto” del 9 giugno 2023
Nel 1968 Luigi Longo, segretario del Partito comunista italiano, aprì al movimento studentesco e condannò l’intervento del Patto di Varsavia in Cecoslovacchia. Proprio nell’autunno del 1968 Longo fu colpito da una malattia che ne ridusse le forze. Ai cinque anni della ‘piena’ segreteria di Longo, dalla successione a Togliatti nel 1964 al XII Congresso del Pci nel 1969 a Bologna (quando verrà affiancato da Enrico Berlinguer eletto alla vicesegreteria), Alexander Höbel ha dedicato uno studio assai ricco e puntuale, Il PCI di Luigi Longo.
Estraggo dalla proposizione conclusiva del volume queste parole che condivido: «il rinnovamento e le ‘svolte’ promossi o incoraggiati dal Segretario non sono di poco conto. La strategia gramsciana e togliattiana viene ridiscussa e in parte adeguata, con una forte coerenza nell’ispirazione di fondo ma anche con elementi di innovazione non secondari».
Il volume di Pino Santarelli Io c’ero. Dal Luglio ’60 al crollo del Muro: i comunisti romani si raccontano, pubblicato da Bordeaux, raccoglie venticinque testimonianze su quegli anni. Come scrive Paolo Franchi nelle Prefazione «queste venticinque storie raccontate sessant’anni dopo da chi le ha vissute aiutano a ricostruire un pezzo significativo di storia più vasta, di un mondo, di un clima politico e culturale – quello dei primi anni Sessanta – molto particolare, e, tutto sommato, poco indagato».
Santarelli scrive che risulta da più d’una delle interviste che la stima per Longo è assai grande e qualcuno ha lamentato che la sua figura non sia sempre tenuta nel conto che le spetta. E Santarelli, nelle pagine di Io c’ero, trascrive una testimonianza dell’incontro che Longo ebbe il 19 aprile del 1968 alle Botteghe Oscure con alcuni esponenti del movimento studentesco romano. Il colloquio, che si protrasse per oltre tre ore, fu elaborato da Longo in un articolo assai importante con il titolo Il movimento studentesco nella lotta anticapitalistica, pubblicato il 3 maggio su «Rinascita-Il Contemporaneo».
In quell’incontro Longo si mostrò sgombro da ogni giudizio precostituito. Prevaleva in lui un forte interesse ad impostare una discussione aperta, franca, per capire il ruolo che la figura dello studente veniva assumendo nella società capitalistica avanzata. Così ascoltava chi da mesi era impegnato in quel processo di formazione d’un nuovo soggetto politico. Stava al merito delle affermazioni e ne ragionava valutandone la polpa viva e mostrando di volerla distinguere dai facili entusiasmi.
Il tono degli interventi era quello di una discussione tra ‘pari’. Longo tra l’altro affermava: «La lotta contro l’autoritarismo è un problema generale; si pone oggi in Italia e nel mondo, nei paesi capitalistici e nei paesi socialisti. È la spinta a rompere un qualcosa che soffoca la vita, sia nei paesi borghesi sia nei paesi socialisti, per cui il singolo, il gruppo, si sentono esclusi dalla vita, dal potere di decisione».
Se quella conversazione fosse stata pubblicata per come si era effettivamente svolta la sua efficacia sarebbe stata notevole nel lettore, così come avrebbe sorpreso molti alla base del movimento. Invece nell’assemblea delle Facoltà della Sapienza occupate prevalsero le posizioni di quanti non volevano si affermasse un rapporto di interlocuzione attiva con il Pci, e ci si oppose alla pubblicazione integrale della conversazione.
All’apertura di Longo il movimento studentesco rispose con una chiusura. Si conserva nell’Archivio Longo presso la Fondazione Istituto Gramsci, datata 27 aprile 1968, una lettera Al compagno Luigi Longo e per conoscenza al compagno Luca Pavolini nella quale si comunicava la decisione dell’assemblea riguardo alla pubblicazione e la redazione di «Rinascita» la rispettò. Nel comizio del Primo Maggio a piazza San Giovanni, il portavoce degli studenti invitato dalla Cgil a parlare attacca Pci e Cgil.
La trascrizione della registrazione originale e completa dell’incontro è conservata nell’Archivio Longo al Gramsci. Jacques Nobécourt ne pubblicò tempestivamente ampi stralci su «Esprit» con il titolo Dialogue de Luigi Longo avec des dirigeants du Mouvement étudiant italien.
Una lettura assolutamente interessante soprattuto per chi quegli anni del secolo scorso li ha vissuti. Una serie di interviste a protagonisti di quel periodo e quindi alle varie anime che, all’interno e all’intorno del Partito Comunista Italiano, hanno espresso le variegate visioni della sinistra di quel periodo, transitando per entrismo, operaismo, scissioni ed espulsioni, passando per il ’68 e per gli anni di piombo, passando dal radicamento nei territori e dai successi elettorali all’abbandono delle relazioni col proprio popolo, per arrivare alla fine del socialismo reale e alla Bolognina e alla disgregazione del più grande Partito Comunista europeo.
A raccontare nelle interviste la loro storia e a tracciare i profili di tanti illustri compagni di viaggio – come quel Mario Tronti che proprio oggi ci ha lasciato – sono Roberto Antonelli, Maria Luisa Boccia, Angelo Bolaffi, Silvia Calamandrei, Valeria Castelli, Alessandro De Toni, Teresa Ellul, Paolo Flores D’Arcais, Anna Foa, Claudio Fracassi, Angelo Fredda, Enrico Giusto, Fabrizio Grillenzoni, Augusto Illuminati, Aldo Luciani, Pio Marconi, Alberto Olivetti, Vanni Pierini, Aldo Pirone, Gianni Pistilli, Mimmo Quaratino, Daniela Romiti, Franco Russo, Duccio Trombadori e Riccardo Varanini.
Credo che questo libro di Santarelli rappresenti un percorso fondamentale non solo per la generazione dei testimoni intervistati ma anche per quelle prossime come la mia. Fondamentale per il fatto che ci aiuta a rimettere in ordine tanti pezzi di un periodo molto diverso da quello che stiamo vivendo. Fondamentale perché mette in luce tante ombre: i rapporti controversi e contraddittori con il socialismo reale, un centralismo talvolta poco democratico e molto bigotto, le difficili relazioni col dissenso dei compagni de il manifesto e la loro radiazione, le variegate visioni che anche in quegli anni, e fortunatamente, animavano la sinistra. Non riesce invece a mettere pienamente in luce le ragioni che hanno portato al totale depauperamento di un patrimonio formativo e di un radicamento culturale e sociale andato oggi totalmente smarrito.
Credo che il quadro che scaturisce dalle interviste sia completo ed efficace e, oltre a rinfrescarci la memoria, ci consente di affrontare un altro percorso, quello che uno degli intervistati definisce l “incapacità della sinistra di apprendere il presente”.
Una incapacità che affligge proprio le generazioni protagoniste di questo libro.
Chi, come anche il sottoscritto, ha avuto la fortuna di vivere un percorso formativo irrinunciabile come quello di quegli anni, ed è oggi – per raggiunti limiti di età – gregario e non protagonista di questi tempi, raramente riesce ad uscire dalle sue vecchie “certezze”, riproponendo parole d’ordine oggi fuori tempo e poco comprensibili.
Credo invece che proprio un esercizio di umiltà nel mettere in discussione le proprie certezza di cinquant’anni fa’ e l’impegno nella “traduzione” di quei valori che ci hanno accompagnato costituiscano la base indispensabile per ricostruire una sinistra capace di essere appetibile e propositiva. Fintanto che frazioni di una sinistra marginale continuano ad attribuirsi il titolo di erede di una storia e di una identità che non c’è più, non si va da nessuna parte.
C’è ancora un popolo di sinistra diffuso e sparpagliato che si impegna con parametri e metodi diversi da quelli di un tempo e, se non lo si riesce ad intercettare, non c’è futuro.
Un unico appunto alla pubblicazione del libro: avrebbe meritato una “correzione di bozze” più efficace e spero che venga presa in considerazione nel prosieguo aggiornando l’edizione.