Sono passati ormai venti anni dal mio viaggio in moto in Turchia, quando Francesca passava molti mesi ogni anno negli scavi di Arslantepe. Un viaggio che non dimentico, fatto di una moltitudine di situazioni, fatto di contrasti di una megalopoli come Istanbul e della melanconica tranquillità delle sue moschee, dei colori del Grande Bazar e del Bazar delle spezie, del grido “balik, balik” del pescivendolo alle sette del mattino e del tè offerto ovunque, dell’inaspettata vista di una danza del ventre in un pericoloso quartiere di zingari, degli hamam e dell’ospitalità di un popolo unico.
Tutto questo riaffiora in “Rosso Istanbul”, il libro recentemente pubblicato da Ferzan Ozpetek.
Un libro che sembra essere un film in righe e che intreccia le sorti dei suoi personaggi: l’autore, che in modo autobiografico racconta la sua Istanbul ed i suoi ricordi di turco trasferitosi in Italia, ed Anna, turista italiana che rotola in una serie di circostanze che la trasformano da turista in viaggiatrice della Turchia, di se stessa e della sua memoria.
Si mescolano in questo libro due condizioni di viaggio. Quello fisico che ci restituisce attraverso i racconti ed i ricordi di Ozpetek, tutta la magia di quel paese, e quello interiore che, col pretesto delle rivoluzioni di quest’ultimo periodo e nello specifico di Gezi Park, ci ricorda che le rivoluzioni sono anche dentro di noi, nella non resa e nella capacità di affrontare il nuovo e l’inaspettato fuori da condizionamenti e schemi mentali precostituiti.
Come nei suoi film, Ozpetek riesce a partecipare e catturare in questo libro, quelle sfumature e quella magia fuori dai luoghi comuni, spina dorsale di tutte le sue opere. Buona e consigliata lettura.
2013-12-22