Vi racconto Gaber

COP_LUPORINI_G Vi racconto Gaber“Vi racconto Gaber” è il titolo del libro recentemente pubblicato da Mondadori a firma di Sandro Luporini nel quale l’autore racconta il pluridecennale sodalizio artistico e l’amicizia che lo ha legato a Giorgio Gaber.

Ho sempre vissuto Gaber in modo contraddittorio, apprezzando le sue canzoni come innegabili ed acuti timoli, ma con la diffidenza ed il distacco del veterocomunista che sono stato e che continuo ad essere. Per quanto convinto fautore di ogni nobile utopia, ho sempre considerato quello di Gaber e di Luporini un percorso troppo al di sopra delle potenzialità storiche ed umane di questa Italietta. Noi aspiravamo al socialismo, lui al paradiso terrestre… Pur non considerandolo un qualunquista, ho sempre ritenuto fosse una spina nel fianco della sinistra. Una sinistra che spesso gli ha tributato gli onori di un riferimento e che Gaber non sembra aver sempre ricambiato con la stessa considerazione.

Sono innegabili le difficoltà e le sconfitte subite in quegli anni da quelle generazioni che si facevano promotrici di contenuti culturali e sociali innovativi. Un progetto che non si può però liquidare come una sconfitta totale e che ha segnato profondamente quegli anni e quelli a venire.

E’ vero, molte cose non si sono realizzate e non hanno dato i risultati attesi ma questo proprio a causa di quella scarsa coerenza e capacità di digerire, di metabolizzare quei contenuti che lui riscontrava nella nostra mediocre umanità. Ma se un progetto oggettivamente nobile non riesce a realizzarsi a causa della mediocrità umana ritengo ancora più opinabile ed utopica, l’ipotesi di cancellare questa mediocrità percorrendo un cammino in chiave individuale, progetto auspicabile ma astratto e storicamente fallimentare. Se raramente ho potuto vedere realizzata l’idea di socialismo come la avrei voluta non sono mai riuscito a vedere società che abbiano raggiunto obbiettivi tali o migliori attraverso la coscienza individuale e l’ascetismo etico o intramondano.

Forse Gaber potrebbe oggi rendersi conto che, dopo aver legittimamente criticato l’omologazione e le mode degli anni 70/80, le sue idee costituiscono la moda del momento, attraverso percorsi terreni o ultraterreni. E purtroppo, considerando lo squallore che questi ultimi decenni ci stanno restituendo, senza risultati di spessore. A distanza di tanti anni quindi, la mia diffidenza non è sostanzialmente mutata ma la lettura di questo libro di Luporini mi ha sicuramente aiutato a contestualizzare e collocare Gaber in modo diverso e, mio malgrado, a sentirlo più vicino. Rileggere anziché ascoltare alcune sue canzoni mi ha dato la misura di quanto queste siano ancora terribilmente attuali e di quanto la mia generazione “sconfitta” abbia condiviso con lui, sia pure su piani diversi, battaglie e sentimenti. E mi ha dato la misura di quanto anche un genio possa sbagliare.

SANDRO LUPORINI E GIORGIO GABERCosì Luporini descrive il primo incontro di quello che divenne il suo sodalizio con Giorgio Gaberscik:

« È stata una cosa molto casuale, nel senso che abitavamo vicini a Milano. Frequentavamo lo stesso bar. Me l’hanno presentato dicendo che lui faceva il cantante, io facevo il pittore. Così sono andato a vedere le sue esibizioni e lui è venuto a vedere i miei quadri. Siamo diventati amici. Mi ricordo di aver trovato un ragazzino che aveva diciannove anni, magro come un chiodo, e sono andato a ascoltarlo. Cantava il rock in inglese, non capivo niente però rimasi folgorato dall’energia che aveva addosso. Siamo diventati molto amici, poi ci siamo frequentati spesso. A un certo punto, frequentando il nostro studio (avevo uno studio con altri amici pittori), passavamo le giornate a parlare. Un bel giorno mi ha detto: “Ma perché non proviamo a scrivere qualcosa insieme?” e così abbiamo cominciato i primi tentativi che restarono nel cassetto, perché erano un po’ stravaganti e non tanto commerciali. Lui allora si esibiva ancora attraverso i canali normali, la televisione per intendersi. Quindi all’inizio è stato solamente un gioco, proprio un gioco. Questo il primo impatto. »

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